lunedì 28 dicembre 2009

Auguri per un anno migliore



Quest'ultimo post dell'anno è obbligatoriamente un bilancio del 2009. Comincerò dal versante personale, che forse è il meno peggio. E' stato, come purtroppo per moltissimi altri, un anno di disoccupazione. Il lavoro s'è prosciugato come il lago Ciad. Noialtri espulsi siamo rimasti come quei pesci boccheggianti nelle pozze fangose. La mia pozza fangosa si sta riducendo sempre più. Però per me questo è stato anche un anno di viaggi, per ben due volte in Sudamerica, quasi due mesi trascorsi tra l'Uruguay e l'Argentina e forse laggiù questo vecchio pesce troverà ancora dell'acqua in cui nuotare. Se avrò il tempo...

Il versante sociale è a dir poco desolante, la politica s'ingarbuglia sempre di più su se stessa, allontanandosi dai problemi reali del Paese. Il governo naviga a vista, tra i vincoli stretti di un debito pubblico innominabile e gli impicci personali del premier, sopravvive a se stesso grazie all'inconsistenza dell'opposizione e una propaganda bielorussa. Ormai governa solo per decreti con fiducia, il Parlamento è stato ridotto ad un votificio, e persino Fini appare un gigante in tale panorama politico. Il PD è conciato maluccio e chi se la gode veramente è l'ex presidente Prodi, ben pagato in giro per il mondo. Se questa classe politica è il nostro specchio, l'immagine della società italiana che ne esce è proprio sconsolante. Te ne accorgi davvero quando sei all'estero e immancabilmente ti chiedono conto stupiti di ciò che accade in Italia. Non c'è più neanche la capacità di indignarsi, s'è persa la voglia d'impegnarsi, ed "io speriamo che me la cavo" è divenuto il motto comune degli italiani.

Ma anche il resto del mondo non gode di ottima salute. Il prossimo anno saremo 7 miliardi sul pianeta, che continuiamo a depredare ed inquinare a ritmo insostenibile. Lo dicono tutti, ma nessuno è capace di fermare questa folle corsa, come dimostrato dal fallimento della recente conferenza sul clima di Copenaghen, svoltasi in un clima simile a quello del G8 di Genova.

L'elezione di Barak Obama è stato un bello spettacolo, ma Guantanamo è ancora in funzione, i soldati americani stanno ancora a Bagdad e la guerra in Afganistan ha ricevuto da lui un ulteriore impulso, nonostante ci sia il meglio degli eserciti occidentali impegnati dal 2001. Gli hanno persino conferito il Nobel per la pace in segno di speranza: dopo la guerra preventiva, il premio preventivo per la pace!

Ma la temperatura continua a salire, i ghiacciai si sciolgono sempre più velocemente e tra qualche anno si prevede che il polo nord si squagli del tutto. Segnali di alterazione climatica vengono ormai registrati quasi da per tutto, ma noi pensiamo a quando ripartirà l'economia, alla ripresa dei consumi. Il nostro territorio è ad alto rischio, ma noi continuiamo a violentarlo. Purtroppo gli effetti catastrofici si vedono sempre più spesso, come conseguenza di ogni fenomeno naturale appena un po' più accentuato.

Ma sì, costruiamo pure 10 centrali nucleari, cementifichiamo tutto lo spazio rimasto, tralasciamo il recupero e la messa in sicurezza. Realizziamo tante belle opere pubbliche faraoniche, meglio se inutili. Compriamo automobili, computers, cellulari, televisori e quant'altro sfornato dalle fabbriche cinesi. Dobbiamo sbrigarci perchè non è rimasto molto altro tempo per approfittare.

Quest'anno abbiamo stabilito un paio di tristi record, il primo con la proclamazione per ben 4 volte del lutto nazionale. Vale la pena di ricordarli tutti: il terremoto in Abruzzo, la strage di parà in Afganistan, il disastro ferroviario di Viareggio e la frana di Messina.

Il secondo triste record è dato dal numero di morti nelle carceri, 174, che per coincidenza è uguale al numero di vittime dei 4 lutti nazionali. Dal 2000 sono morti più di 1500 detenuti non per cause naturali, di cui un terzo suicidi. Si direbbe una forma occulta di pena di morte.


Speriamo che il prossimo sia un anno migliore.

mercoledì 9 dicembre 2009

Grazie Uruguay


Ho avuto la fortuna e la gioia di essere testimone partecipe di una giornata storica per l'Uruguay e per la Sinistra di tutto il mondo. Domenica 29 novembre 2009 si è svolto il ballottaggio tra il candidato del Frente Amplio, Josè "Pepe" Mujica, e quello del centro destra Luis Lacalle, per la carica di presidente della Republica Oriental del Uruguay. Storica perché non è mai accaduto che in quel paese la Sinistra vincesse due elezioni di seguito, né che un ex-guerrigliero tupamaro diventasse Presidente della Repubblica.


Mi trovavo nel paese già da alcune settimane ed ho potuto assistere alle ultime battute della campagna elettorale, con l'impegno pacifico e civile di migliaia di attivisti del Frente Amplio per le strade dell'Uruguay. Il crescere della consapevolezza che la vittoria era a portata di mano, nei discorsi della gente comune, che, seppur divisa politicamente, conserva sempre quella cordialità e simpatia lontana anni luce dal nostro sentire politico.


L'Uruguay è un piccolo-grande paese, costituito in buona parte da discendenti spagnoli ed italiani. E' la nazione con la più alta percentuale di popolazione di discendenza italiana del mondo. Piccolo perché la sua popolazione è di 3 milioni e mezzo d'abitanti, su di un territorio grande come mezza Italia, fertile e quasi del tutto incontaminato. Il suo clima è paragonabile a quello della Sicilia, la carne dei suoi bovini è senza dubbio tra le migliori del mondo. Certamente è America Latina, ma, come una specie di Svizzera, è un'oasi tra i giganti quali l'Argentina e il Brasile. Bassa criminalità, alto tasso d'istruzione, buone scuole e università statali, sanità pubblica, tassazione medio-bassa, discreta stabilità economica. Infine il Plan Ceibal, che fa dell'Uruguay il primo e unico paese al mondo ad aver fornito un computer collegato alla rete ad ogni alunno della scuola elementare. Tutto ciò grazie anche ai risultati conseguiti dal primo governo di sinistra, durante i 5 anni della presidenza di Tabaré Vazquez, oncologo socialista che lascia il suo mandato con una popolarità del 71%.




L'Uruguay dimostra che la Sinistra unita può vincere e governare bene per 5 anni, facendo crescere il paese a ritmi quasi cinesi, aumentando il reddito pro capite e diminuendo la disoccupazione, perseguendo politiche sociali senza scardinare il capitalismo che pure è forte in quel paese. Anzi, si può dire che la classe medio-alta, gli imprenditori e la borghesia sono stati in buona parte a favore dell'elezione di Mujica.


Josè Mujica, soprannominato Pepe, è una figura storica, guerrigliero tupamaro durante gli anni '60 e '70, arrestato ed evaso, arrestato di nuovo e detenuto in carcere duro per 11 anni dalla giunta militare golpista, alcuni dei quali trascorsi in un pozzo senza contatti con il mondo esterno. Con il ritorno della democrazia nel paese, la lotta armata è stata abbandonata per la politica, così è stato il primo tupamaro eletto al parlamento e successivamente al senato. Nella passata legislatura è stato ministro dell'importante dicastero della ganaderia (allevamento). Tuttavia ha sempre conservato una semplicità ed un’onestà che lo hanno reso benvoluto dagli uruguayos. Vive in una piccola casa rurale e coltiva il suo campo come un qualunque contadino, non ha accumulato poteri e ricchezze, parla in modo semplice e schietto, fonte anche di polemiche tra gli intellettuali di sinistra. Quando si sono svolte le primarie per decidere il candidato del Frente Amplio, la scorsa primavera, il suo avversario è stato Danilo Astori, professore universitario e ministro dell'economia, ora vice presidente, e la differenza di linguaggio era evidente. Ciononostante la figura simbolica e profondamente popolare di Mujica (un po' come era il nostro Sandro Pertini) ha prevalso nettamente tra il popolo della Sinistra. Ma anche a destra non è malvisto, il suo carattere umile ed il suo parlare schietto lo rendono molto più vicino al popolo di ogni altro leader, che lo percepisce come uno di loro. E’ uno che quando è diventato deputato per la prima volta e fino a che non ha avuto responsabilità di governo ha accettato dallo Stato solo il salario minimo di un operaio e, siccome questo non è sufficiente per vivere, ha continuato a vendere fiori nei mercati rionali. Per campare. Ora dichiara - e la parola è importante in Uruguay - che donerà lo stipendio di presidente per costruire case ai più poveri.


E' stato un momento di felicità per me partecipare alle manifestazioni di giubilo, che sono progressivamente iniziate anche prima della chiusura dei seggi alle 19 di sera, tanta era la fiducia nella vittoria certa. E così è stato, gli exit poll hanno chiaramente indicato il Pepe quale vincitore già verso le 20,30 di domenica, mentre una folla immensa si andava radunando festosa sotto l'Hotel NH Columbia, lungo la Rambla Gran Bretaña di Montevideo. E nonostante si stesse preparando un diluvio d'acqua dal cielo, centinaia di migliaia di compagne e compagni uruguayos hanno gioito insieme per le strade della città fino a notte fonda.




Tutto il Sudamerica era in attesa di ciò che sarebbe avvenuto in Uruguay, giacché questa consultazione apriva un anno elettorale decisivo per molti grandi paesi della regione. In quel momento ho capito l'importanza di ciò che stava dimostrando questo piccolo-grande paese: la Sinistra unita può vincere e governare bene durante il suo mandato ed il popolo che decide democraticamente di rinnovarle la fiducia, ma ancora di più, manda alla presidenza un leader ancora più radicale e simbolo di integrità e di lotte, per dare più forza al suo impulso riformatore.


Ho seguito il mio amico Tabaré fin dentro alla scuola, sede del suo seggio e a un certo punto mi sono sentito commosso da tanta partecipazione popolare, da quel sentire comune che era percepibile nell'aria misto all'allegria festosa. Ho versato qualche lacrima pensando al mio paese dove l'odio e il risentimento avvelenano ogni contesa elettorale. Dove divisioni insanabili attraversano anche partitini minuscoli, alla cui base vi è solo un opportunismo malcelato ed un’egoistica furbizia, difficilmente eguagliabili nel mondo civile.


Quando la vittoria è stata riconosciuta anche dal candidato della destra, lo stato maggiore del Frente Amplio è uscito a festeggiare con il suo popolo e Josè Mujica ha pronunciato il suo primo discorso da Presidente. "Compagni, sapete una cosa? Questo è il mondo alla rovescia. Il mondo alla rovescia, (perché) sul palco dovreste esserci voi e noi giù ad applaudire, perché questa battaglia si è vinta grazie a voi. Ma ricordate, in questa notte di gioia, c'è tristezza nei compatrioti che sono nostri fratelli di sangue, perciò né vincitori né vinti. Abbiamo appena eletto un governo che non è il padrone della verità, ed abbiamo bisogno di tutti. Il mio apprezzamento va agli uomini che hanno rappresentato il Partito Nacional, al Partito Colorado, al Partito Independiente, tutti compatrioti".


Il Presidente eletto si è scusato per le offese eventualmente arrecate in campagna: "Il mio ringraziamento al dottor Lacalle, il mio riconoscimento a Larrañaga, ai colleghi senatori, il mio apprezzamento, e se in qualsiasi momento, il mio temperamento di combattente mi ha fatto portare la lingua troppo lontano, mi scuso per l'offesa e domani cammineremo insieme. (...) Vada la mia gratitudine e apprezzamento per i bianchi, il mio apprezzamento per la figura che rappresenta il dottor Bordaberry, il Partito Colorado, e i miei ringraziamenti vanno al Partito Indipendiente, con i quali dialogheremo cercando di realizzare tutto ciò che possiamo nel senso di unità per il futuro ", ha aggiunto Mujica.


Inoltre, il presidente eletto ha riconosciuto il sostegno dei presidenti latinoamericani: "I fratelli, quelli dell'America Latina, che rappresentano bene, male o normalmente le speranze frustrate di un continente, cercando di raccogliere il massimo possibile, i colleghi cileni, argentini, boliviani, ecuadoriani, brasiliani, peruviani, venezuelani, tutti, Tutti hanno chiesto di noi per darci un abbraccio, fratelli, grazie."


Quando la pioggia non dava più tregua, Mujica ancora una volta ha ringraziato il popolo e ha detto le sue ultime parole: "Non è questa l'ora dei discorsi programmatici. Carissimi, siete bagnati, ci stiamo bagnando. Siamo felici, viva la gioia, viva la speranza. Rammentate, passerà il tempo, ma adesso è l'ora delle celebrazioni."


"Tutto questo è transitorio, il permanente siete voi. Anonimi, onnipotenti, e ci sono quelli che credono che il potere sia in cima e non si rendono conto che il potere è nel cuore delle masse, grazie, mi è costato forse una vita impararlo", ha detto Mujica.


"Voglio dirvi una cosa: forse faremo errori, ma non volteremo le spalle ai problemi e saremo sempre insieme nei momenti di dolore. Grazie popolo", ha concluso il presidente eletto.


E l'opposizione ha apprezzato e si è congratulata con il presidente eletto, nessuno ha parlato di brogli, anzi la dichiarazione a caldo del candidato sconfitto Lacalle è stata: "Che si sia votato praticamente a metà, non vuol dire che siamo due paesi. Se non lo intendiamo così non staremmo contribuendo al concetto di un solo paese".



martedì 3 novembre 2009

PIGS




Voglio cominciare questo post con la parola PIGS, che come tutti sanno in inglese significa porci, e che ho visto per la prima volta usata come acronimo (P.I.G.S.) in un blog finanziario che trattava del Rischio Sovrano, tra i risultati di una ricerca lanciata su Google con le parole chiave: CDS sovereign risk Italy. La frase esatta era: “PIGS (Portugal, Italy, Greece, Spain) have historically had high unemployment and other fiscal problems. This is not news. What is news is that they are no longer able to debase like they used to in the past b/c of the EU treaty”. Traduzione: I PORCI (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) hanno storicamente sempre avuto alta disoccupazione ed altri problemi fiscali. Non è una novità. La novità è che non possono più svalutare come erano soliti fare in passato, prima dell’Euro. Come dire: finanziariamente l’Italia è tra i porci.

Ma anche tra i porci, siamo i più maiali. Cercavo qualche informazione riguardo il Rischio Sovrano Italia, l’indice con cui viene valutata la probabilità di una bancarotta dello stato, e su un altro sito ho trovato il seguente dato di ottobre, riguardante i CDS: “Italy is now the most widely traded sovereign CDS in the world. Outstanding contracts of Italian CDS stand now at $205bn compared with $148bn a year ago”. Traduzione: Il CDS sul rischio sovrano Italia è attualmente quello più largamente trattato al mondo. Il valore dei CDS italiani si attesta ora a $205bn contro i $148bn di un anno fa. Aggiungo io che questo valore è di gran lunga quello più alto tra tutti i CDS sovrani.

Cosa sono i CDS? I Credit Default Swap sono una sorta di assicurazione che un creditore stipula per garantirsi contro il fallimento del debitore. In pratica sono degli strumenti finanziari emessi da grandi istituti e banche d’affari. Coprono persino i rischi di fallimento degli stati nazionali e quindi vengono acquistati dai possessori di titoli del debito pubblico (bot, cct e quant’altro). Ecco l’informazione che cercavo, l’Italia è il paese al mondo con il più alto rischio di bancarotta!

Ed ora beccatevi quest’articolo di Maurizio Ricci su www.repubblica.it del 3/11/2009.

Wall Street, pericolo "bolla"
E i banchieri tornano a festeggiare

A Natale, il re degli gnomi di Wall Street - Goldman Sachs - metterà sotto l'albero dei suoi 30 mila dipendenti una busta che contiene, in media, poco meno di 800 mila dollari a testa. Il premio per un anno di superlavoro: i mercati, infatti - tutti i mercati: borse, petrolio, oro, materie prime, valute - stanno andando a mille. Eppure, l'economia reale è in affanno: la disoccupazione cresce, le famiglie tirano la cinghia, le imprese tagliano, tutti in attesa di una ripresa che stenta a materializzarsi nitidamente. Qualcosa non torna.

Dopo il grande tsunami di un anno fa, che ha quasi riportato il mondo ai tempi della Grande Depressione, doveva essere un'era di pentimento e cilicio, di ravvedimento e virtù, di regole stringenti e appetiti misurati. Castigate e imbrigliate, banche e finanziarie dovevano tornare all'umile compito di alimentare l'ordinato sviluppo dell'economia. Beh, riaprite gli occhi: di tutto questo non c'è traccia. Le regole non sono arrivate, i soldi - un fiume di soldi, sotto forma di prestiti, garanzie, tassi stracciati - sì. E la finanza da corsa ha ripreso il largo: i suoi uomini sono tornati a spartirsi un ricco bottino - sotto forma di bonus - e a puntare i soldi in cassa, negati a famiglie e imprese, su scommesse sempre più rischiose nei mercati. Il risultato è che, probabilmente, siamo seduti di nuovo su un'unica gigantesca bolla, che potrebbe esplodere in qualsiasi momento.

La madre di tutte le bolle: nel senso che, invece delle singole bolle (della casa, dei subprime, dei derivati, del credito, del petrolio) del passato appena trascorso, questa è un'unica bolla che le riassume tutte: la bolla del dollaro. Il fatto che sia una bolla al contrario (il dollaro scende) non deve trarre in inganno: è proprio la discesa del dollaro che gonfia, tutte insieme, le altre bolle.

Prendete il bilancio di una grande banca internazionale, come Barclays. Nel secondo trimestre, il settore prestiti alle famiglie ha visto i profitti ridursi del 61 per cento, quello commerciale del 42 per cento. Il ramo affari, Barclays Capital, li ha raddoppiati. Ancora una volta, l'esempio Goldman Sachs vale per tutti: quasi 14 miliardi di dollari di ricavi nel secondo trimestre. Due terzi di questi ricavi vengono dal settore "trading", cioè le transazioni/speculazioni, spesso condotte in proprio. Metà dal solo settore reddito fisso, materie prime, valute, cioè, in concreto, per la grande banca di Wall Street, petrolio e derivati. E' la controprova della frenetica attività dei mercati, dopo il grande gelo dell'autunno 2008. La borsa di Wall Street che, un anno fa, guardava agghiacciata l'abisso di quota 7.000, oscilla, oggi, intorno a 10.000 e molti ritengono possibile che l'indice Dow Jones tocchi presto 11.000. Il petrolio che, a febbraio, era appena sopra i 30 dollari al barile, oggi è vicino agli 80 dollari: ha guadagnato il 25 per cento solo negli ultimi 3 mesi. L'oro, a 1.055 dollari l'oncia, balla intorno ad un record storico. Rame, granturco, gomma hanno messo a segno rialzi cospicui. L'indice Reuters-Jefferies dei metalli è tornato ai livelli di settembre 2008 ed è salito del 50 per cento, rispetto ad inizio anno. Lo stesso indice, per il totale delle materie prime, che era a 211 a febbraio, è arrivato a 260 questa estate.

Molto poco, nell'economia reale, nel rapporto fondamentale fra domanda e offerta, sembra giustificare questa corsa dei mercati. L'economia cinese ha ripreso a camminare e anche in Occidente ci sono segnali di risveglio, ma l'impulso è troppo modesto per giustificare queste tensioni sul mercato delle materie prime. L'Agenzia internazionale dell'energia ha appena rivisto al rialzo le sue previsioni sulla domanda di greggio, ma l'incremento - appena di qualche centinaio di migliaia di barili al giorno - può essere tranquillamente assorbito dall'offerta dei paesi produttori. Anche le borse appaiono largamente sopravalutate. Andrew Smithers, un analista di borsa, ha calcolato che il rapporto fra prezzo dell'azione e utile dell'azienda che l'ha emessa è schizzato a livelli inimmaginabili. Nell'indice S&P 500 di Wall Street questo rapporto è a quota 142. Ovvero l'azione viene trattata ad un prezzo pari a 142 volte gli utili. Non solo è un record, ma quello precedente (47) è un terzo dell'attuale. Anche aggiustando il calcolo per l'attuale situazione di recessione, Smithers conclude che le azioni sono sopravalutate di circa il 40 per cento, rispetto alla media storica.

C'è un elemento inedito in questa corsa dei mercati: stanno salendo tutti insieme. O, se preferite, tutte le bolle si stanno gonfiando contemporaneamente. Gli esperti la chiamano "correlazione". Osserva Olivier Jakob, analista a Petromatrix, che i suoi colleghi che si occupano di borse sostengono che i loro mercati sono condizionati dal petrolio, mentre i colleghi che si occupano di petrolio dichiarano che a muovere il petrolio sono le borse. In effetti, se mettete, come fa Jakob, su un grafico le oscillazioni dei futures sul petrolio e dei futures sul Dow Jones, vedete che i due valori si muovono all'unisono, con scostamenti appena percettibili. Questa correlazione, sottolinea Jakob, "non ha senso, ma se non comprate e vendete seguendola, state solo fornendo liquidità a chi la segue". In altre parole, l'effetto-gregge, per cui tutti gli operatori si muovono nella stessa direzione, è ancora un motore vitale dei mercati. La novità è che agisce contemporaneamente sui diversi mercati e questo può essere molto pericoloso. "Il problema - secondo Jakob - è che l'economia reale funziona su principi diversi dai giochini degli operatori al computer e questa correlazione non consentirebbe ad una ripresa economica di materializzarsi".

Per esempio, un indice Dow Jones a 11.000, calcola Jakob, in base a questa correlazione corrisponde al petrolio a 100 dollari al barile e, allora, addio ripresa. "E' una bomba a tempo - conclude - come era una bomba a tempo quella dei subprime".

In realtà, è possibile che la bomba di Jakob non arrivi ad esplodere, perché ne esplode un'altra - più grossa - prima. Cos'è, infatti, che sta gonfiando i mercati tutti insieme? Anzitutto, l'enorme massa di liquidità pompata, praticamente a costo zero, dalle banche centrali verso banche e finanziarie. Ma non ci sono solo tanti soldi a tasso zero. Per rianimare i mercati, le banche centrali comprano anche titoli di ogni genere. La Fed ha appena annunciato un programma di 1.800 miliardi di dollari, per comprare titoli di Stato e altri titoli semi-pubblici. Questi acquisti riducono la volatilità dei prezzi di questi titoli. In breve: banche e finanziarie possono finanziare, gratis, gli acquisti di titoli a rischio praticamente nullo.
L'altro elemento è la costante discesa del dollaro. Di suo, la discesa del dollaro, la valuta in cui sono quotati oro, petrolio e materie prime in genere, spinge naturalmente in alto, per contrappeso, le quotazioni. Ma, osserva Nouriel Roubini, oggi questa discesa del dollaro si incrocia in una miscela micidiale con la politica del denaro facile della Fed. Le banche che si indebitano (a breve) a tasso zero in dollari per poi reinvestirli sui mercati internazionali si trovano, grazie alla contemporanea svalutazione della moneta americana, a godere di tassi negativi anche del 10- 20 per cento, visto che poi dovranno restituire dollari che valgono meno. E questo le spinge ad indebitarsi sempre di più, per investimenti sempre più arrischiati.
Il problema, osserva Roubini, è che prima o poi, la Fed dovrà stringere i cordoni della liquidità. Allo stesso tempo, la discesa del dollaro non può continuare all'infinito. Basta che il costo di finanziarsi in dollari torni a zero, invece che vantaggioso del 10-20 per cento, perché banche e finanziarie debbano precipitosamente liquidare i loro rischiosi investimenti.

E proprio perché le bolle si sono gonfiate tutte insieme, si sgonfieranno tutte contemporaneamente. Sarà, dice Roubini, "il più grosso coordinato crac mai visto". Più si gonfia la bolla, più violento sarà lo scoppio.



Come si vede i porci continuano ad ingrassarsi e continuano ad essere più uguali degli altri animali, proprio come ai tempi di Orwell.

Giovedì prossimo parto nuovamente alla volta del Sudamerica, spero di sentire un po’ meno questo tanfo di porcile che sta appestando l’aria in Italia.




mercoledì 28 ottobre 2009

Mail di risposta ad un mio amico imprenditore

Ciao Luca,
anche per me è un piacere sentirti, uno dei pochi di questi tempi. Tu preferisci non parlare della tua situazione drammatica, io invece voglio sfogarmi un po' e ti racconto che è dall'inizio di quest'anno che non lavoro (e non guadagno. Ho dovuto persino ricorrere all'avvocato per farmi pagare il lavoro fatto!). Ho chiuso la partita iva e dato via la mia auto per contenere le spese, praticamente vado avanti con i risparmi degli anni passati che, molto saggiamente, siamo riusciti a mettere da parte. Per fortuna la casa è interamente pagata e le figlie sono grandicelle (la prima lavora come precaria a 600 euro/mese, l'altra sta al terzo anno di liceo). Mia moglie cerca di darsi da fare come può (è psicologa), ma lavoro non se ne vede. Mio fratello è stato licenziato insieme a tutti i suoi colleghi per liquidazione della ditta che appena 8 mesi fa aveva rilevato il loro ramo d'azienda, tutti rischiano di non vedere la liquidazione oltre a non avere più diritto alla cassa integrazione.

Caro Luca, dire che la situazione è nera è un eufemismo. Il problema è che s'è sgretolato il tessuto industriale del nostro (ma non solo) settore e temo che non si tornerà mai più come prima. Avevo pensato anche di aprire una piccola attività commerciale (del genere gelateria/pizzeria), ma quelli che già ce l'hanno lamentano anch'essi grosse difficoltà, e di questi tempi è più facile perderli - i soldi - che farli (a meno di non averne tanti).

Posso solo consolarmi constatando che c'è tanta povera gente che sta molto peggio di me e deve andare alla Caritas per racimolare il cibo, però è una ben misera consolazione. Ho in tasca un biglietto per il Sudamerica, dove sono già stato all'inizio di quest'anno. In Uruguay ci sono delle buone possibilità (pensa che è il primo produttore di software del Sudamerica) e nonostante la crisi, la sua economia continua a crescere. Rilevare un'attività potrebbe essere alla mia portata e non ho riscontrato particolari difficoltà d'integrazione e lavoro. Il problema è che vado solo e da soli diventa tutto più difficile, speciamente se si sono superati i cinquant'anni. Ciononostante cerco di essere ottimista, ma non sulla situazione nazionale che potrebbe addirittura peggiorare (il debito pubblico non può continuare a crescere e presto o tardi l'inflazione riprenderà, il rischio concreto è che non si riesca più a collocare i titoli pubblici, con conseguente riduzione degli stipendi e delle pensioni, nonchè moratoria di tutti i pagamenti dello stato), quanto sulle mie capacità e fortuna - che dovrebbe aiutare gli audaci.

Perdonami se con il mio sfogo ti ho depresso ulteriormente, ma temo che siamo prossimi al "si salvi chi può", e d'altro canto basta fare un giro per le (ex) zone industriali nell'interland delle grandi città per farsi venire lo sconforto. Questo è quanto, ti mando un abbraccio sincero in attesa di risentirti.

sabato 24 ottobre 2009

Uruguay, legge in omaggio per Berlusconi

"C'è un paese, piccolo e lontano, in cui la sinistra anziché rinnegare le sue radici e dividersi le rivendica e si unisce (non solo ma, miracolo, riesce a stare insieme). C'è un paese, piccolo e lontano, in cui - un caso forse unico al mondo -, il probabile prossimo presidente della repubblica dice che anziché alzare muri e respingere clandestini aprirà le porte agli immigrati e a chi voglia venirci a vivere e lavorare." [Il Manifesto]

di Eduardo Galeano
Manca molto poco al momento in cui il popolo uruguayano eleggerà il nuovo governo. Nello stesso tempo, nelle stesse urne, si sottoporrà a referendum la possibilità di liberarci di due bastoni messi nelle ruote della democrazia. Uno è quello che impedisce il voto per posta agli uruguayani che vivono all'estero. La legge elettorale, cieca di una cecità burocratica, confonde l'identità col domicilio. Dimmi dove vivi e ti dirò chi sei. Gli uruguayani della patria pellegrina, in maggioranza giovani, non hanno diritto di voto se non possono pagarsi il viaggio. Il nostro paese, un paese di vecchi, non solo ha castigato i giovani, per anni, negando loro il lavoro e obbligandoli all'esilio, ma per di più continua a negar loro l'esercizio del più elementare dei diritti democratici. Nessuno se ne va perché vuole. Quelli che se ne sono andati sono dei traditori? E' traditore un uruguayano su cinque? Traditore o tradito?
Speriamo che noi uruguayani la facciamo finita una volta per tutte con questa discriminazione che ci mutila.
E speriamo di farla finita anche con un'altra discriminazione ancora peggiore, la legge d'impunità, la Legge di caducità della pretesa punitiva dello Stato, battezzata con quel nome rocambolesco dagli specialisti nell'arte di non chiamare le cose con il loro nome.
La Corte suprema di giustizia ha appena sentenziato che quella legge viola la costituzione. Da molto tempo prima si sapeva che viola anche la nostra dignità nazionale e la nostra vocazione democratica. E' una triste eredità della dittatura militare, che ci ha condannato a pagare i suoi debiti e a dimenticare i suoi crimini.
Tuttavia, vent'anni fa, questa legge infame fu confermata da un referendum popolare. Alcuni di noi che proposero quel referendum, sono di nuovo qui a riproporla oggi, e con molto orgoglio: allora perdemmo, per pochissimo però perdemmo, ma non ce ne siamo pentiti. Crediamo che quella nostra sconfitta fu dovuta in grande misura alla paura, un bombardamento pubblicitario che identificava la giustizia con la vendetta e annunciava l'apocalisse, la lunga ombra della dittatura che non voleva andarsene; e crediamo che il nostro paese abbia dimostrato, in questi primi anni di governo del Frente Amplio, che ormai non è più quel paese paralizzato dalla paura.
E' questo che crediamo e spero di non sbagliarmi.
Speriamo che domenica trionfi il senso comune. Il senso comune ci dice che l'impunità stimola il delinquente. Il colpo di stato in Honduras non fa che confermarlo. Chi si può sorprendere se i militari honduregni hanno fatto quello che hanno sempre fatto da molti anni, con l'addestramento del Pentagono e il placet della Casa bianca?
La lotta contro l'impunità, l'impunità dei poteri forti e dei poterucoli, sta prendendo forza nei quattro punti cardinali del mondo. Speriamo anche noi di poter dare il nostro contributo a smascherare i difensori dell'impunità, che ipocritamente alzano il loro grido al cielo di fronte all'insicurezza pubblica per quanto sappiano bene che i ladri di polli e i bulli di quartiere sono buoni alunni dei banchieri e dei generali ricompensati per le loro gesta criminali.
Speriamo che domenica prossima sia confermata la nostra fede in una democrazia senza mostrine, né le mostrine dell'uniforme militare né le mostrine del denaro.
Speriamo di poter incartare questa legge in un bel cellofan, metterla dentro un pacchetto ben confezionato, con tanto di fiocco, e mandarla in regalo a Silvio Berlusconi. Questo gran mago dell'impunità universale, che è passato per più di sessanta processi e non sa cosa sia il carcere neanche di sfuggita, apprezzerà l'omaggio e certamente saprà trovarla di qualche utilità.
Speriamo.
L'unica cosa sicura è che, succeda quel che succeda, la storia continuerà, e continuerà l'incessante lotta fra la libertà e la paura.
Io sono solito invocare una parola magica, una parola che apre le porte, che è, forse, la più universale di tutte. E' la parola abracadabra, che in ebreo antico significa: Manda il tuo fuoco, fino alla fine. A mo' di omaggio a tutti i fuochi camminanti, che vanno aprendo porte lungo le strade del mondo, la ripeto adesso: camminanti della giustizia, portatori del fuoco sacro, abracadabra compañeros!

* Discorso pronunciato all'Obelisco di Montevideo, la notte del 20 ottobre scorso, per la chiusura della campagna contro la legge d'impunità

venerdì 9 ottobre 2009

Il mio condominio


Io vivo in un gigantesco condominio, così grande che si estende a perdita d’occhio. Asfalto, cemento e mattoni ricoprono quelli che una volta erano campi e boschi. Il condominio continua a crescere e ai suoi confini ogni giorno sorgono nuovi edifici con il cartello vendesi. Ogni tanto si ristrutturano vecchi palazzi ed al loro posto ne sorgono di nuovi e più grandi. Ultimamente si costruiscono moderni centri commerciali su campetti di calcio trasandati e parchi giochi trascurati, aree verdi dismesse spesso ritrovo di tossici. Al loro posto sorgono ampi parcheggi illuminati e comodi supermercati condizionati, molto più utili alla gente che va sempre di fretta e fa la spesa una volta alla settimana. Dove le signore ben curate travasano nei SUV capienti il contenuto del carrello stracolmo con gli stessi gesti di milioni di altre donne del mondo opulento.

Il mio condominio è particolarmente litigioso. Ogni condominio ha la sua brava dose di liti e contenziosi tra condomini, ma questo, credetemi, è decisamente al di sopra della media. Ovviamente il massimo dei contrasti si ha in concomitanza dell’elezione dell’amministratore. Questo dovrebbe cercare di limitare le spese condominiali e migliorare la vita del condominio, curando i servizi e la manutenzione, nonché la sicurezza. Eppure accade che ogni amministratore venga tacciato dalla fazione avversaria di corruzione, interesse privato, scarse capacità e via dicendo. Negli ultimi anni la litigiosità è andata aumentando anche grazie alla comparsa di un nuovo amministratore brianzolo, già titolare della ditta che ha in appalto parte degli impianti d’antenna. All’inizio sembrava una persona affabile, capace ed onesta, soprattutto dopo lo scandalo che aveva coinvolto i vecchi amministratori, scoperti a prendere bustarelle su ogni spesa, avevano portato il condominio ad un grosso indebitamento con le banche. Per fortuna erano intervenuti i carabinieri a porre fine a quello scandalo.
Sono convinto che il fatto di poter entrare in tutte le case per la manutenzione delle centraline TV, abbia favorito questo Bernardoni, che ha potuto convincere facilmente tutte quelle vecchiette sole a dargli la delega per l’assemblea (si mormora che ci abbia provato pesantemente con qualche giovane donna trovata sola in casa, e qualche bonazza dev’esserci anche stata, viste le nomine dei sindaci). Agli uomini invece ha promesso di chiudere un occhio sui piccoli abusi condominiali che in fondo tutti abbiamo fatto. Infine ha saputo girare a proprio favore la critica di mancanza d’esperienza nell’amministrazione di condomini, asserendo che ciò ne attestava l’estraneità da pratiche di corruzione, mentre poteva vantare una proficua esperienza nella gestione della sua ditta. Non tutti ricordarono allora che l’appalto alla sua ditta era stato dato proprio da quell’amministratore poi condannato e fuggito all’estero.
Bernardoni si fece eleggere amministratore e in quella veste si rivelò presto meno affabile di prima, connotandosi quale personaggio totalmente empatico, in grado di provocare negli altri la simpatia più sviscerata o una ripulsa incontenibile. Insomma, un uomo capace più di dividere che di mettere d’accordo ed infatti la litigiosità è andata di pari passo aumentando nel condominio.

Fatto sta che al successivo rinnovo della carica, si ritrovò contro una buona metà dei condomini, che elessero un altro amministratore, questa volta venne scelto un professore dall’aspetto bonario. Il professore si dimostrò tecnicamente più capace nella gestione del condominio ed i conti andarono migliorando. Ci fu un breve periodo di tranquilla amministrazione che, pur se ben condotta, scontentava un po’ tutti. I sostenitori di Bernardoni, che non perdevano occasione per dare addosso al professore. Le ditte appaltatrici, che facevano un po’ più di fatica a spuntare i prezzi migliori. Gli stessi condomini che l’avevano eletto, che sognavano un amministratore che facesse rifiorire il condominio, diventato in verità negli ultimi anni sempre più sporco e trascurato. C’era anche il problema degli immigrati che sempre più numerosi trovavano da fare lavoretti nel condominio, robe di pulizia, manovalanza ed assistenza agli anziani, che nessuno di noi vuole più fare. Gli immigrati vivono nelle cantine affittate da qualche condomino, ammassati in spazi angusti e puzzolenti. Ci fanno comodo e ci fanno anche guadagnare qualcosa, ma sono diventati tanti, troppi, cominciano a fare paura. Alcuni entrano nelle case e rubano, altri stuprano, quelli che non lavorano come vivono? Allora la fazione più tosta di condomini s’è incazzata ed ha fatto dimettere il debole professore. Si è votato di nuovo e Bernardoni è tornato a fare l’amministratore. Il primo problema che si è trovato ad affrontare è stato quello dei cassonetti della spazzatura sempre pieni e puzzolenti in alcune zone del condominio. Con piglio decisionista (e polizia a supporto) ha fatto travasare la spazzatura nei cassonetti delle zone più periferiche, dove vivono 4 gatti sfigati che si possono ben sentire la puzza senza doversi lamentar troppo. Plauso di tutti i condomini, tranne quei 4 gatti sfigati. Per gli immigrati s’è deciso di istituire delle ronde di condomini, le puttane che battevano sotto i palazzi sono state allontanate a forza, ma restano tollerate quelle che lo fanno in casa. Nonostante la sfiga che lo perseguita ogni volta che viene nominato amministratore, Bernardoni ha avviato un mucchio di nuove opere condominiali. Certo, il crollo di qualche palazzina fatiscente – ampiamente previsto – è una cosa che dispiace, specie se rimane gente sepolta sotto, ma l’importante è rinnovare il condominio.
Ora qualche pettegola dice di aver visto l’amministratore portarsi delle zoccole negli appartamenti sfitti di cui ha la disponibilità, la cosa deve essere arrivata anche all’orecchio della moglie, che ha chiesto il divorzio dopo avergli fatto una bella reprimenda pubblica. D’altro canto Bernardoni non ha mai nascosto il suo interesse per le donne, meglio se giovani e belle, e le mani sulle chiappe le allunga quando può. Molti condomini uomini lo invidiano, qualche donna gliela darebbe, se non l’ha già fatto, pur di farsi togliere qualcosina dalla bolletta e scroccare una cena in un locale di lusso. Qualcuno mormora addirittura che una delle zoccole era pure minorenne, ma sono solo voci incontrollate.
Nell’ultimo periodo a Bernardoni gli prende male ogni qual volta si sente attaccato o anche solo criticato. Va in giro con un manipolo di guardie del corpo che tengono lontani i condomini inviperiti. Minaccia denuncie e querele a destra e a manca, nonché di far tagliare acqua e luce a chi vuole ribaltare il voto democratico espresso dai condomini, avvalendosi di calunnie e diffamazioni.
Di recente aveva tentato di cambiare il regolamento condominiale, invocando mano libera nell’attuazione del suo progetto di rinnovamento del condominio, ma un tribunale, a cui si erano rivolti alcuni condomini, glielo ha bocciato. Nel frattempo sono risaltate fuori quelle storie di corruzione riguardanti la sua ditta e i vecchi amministratori, qualcuno vuole vederci chiaro e le semplici assicurazioni di Bernardoni non bastano.
Tutto questo polverone intorno all’amministratore ha nascosto l’aggravarsi delle situazioni di degrado presenti nel condomino. L’amministratore non si fida ormai più di nessuno e getta fango anche sui propri collaboratori, nel timore di essere tradito. Molti condomini s’appassionano alle vicende di Bernardoni dividendosi e litigando tra favorevoli e contrari, alcuni restano sconcertati ad osservare quest’ulteriore degrado del condominio in cui vivono.

Io penso che finché non avremo capito in quale condominio vorremmo vivere, quali differenze sono tollerabili e quali no, quanto deve crescere questo condominio, come trattare e integrare gli immigrati, quali spazi vanno recuperati. Insomma, solo quando ci saremo chiariti sul nostro futuro, si potrà trovare un amministratore che metta in pratica quanto immaginato.

giovedì 8 ottobre 2009

Due vecchi

Due vecchi dai corpi curvi e informi per l'età
ai tengono per mano sulla riva del mare
passeggiando lentamente tra la risacca.

Nel tramonto della loro vita si sostengono a vicenda
e trasmettono tenerezza al solo guardarli.

Li osservo con dolcezza e penso
a quando anch'io sarò al tramonto.

Tra la risacca di un mare placido
chissà se ci sarà qualcuno a tenermi la mano
per accompagnarmi teneramente verso la Morte...

sabato 12 settembre 2009

Si salvi chi può!



Al ritorno dalle ferie mio fratello e i suoi colleghi hanno ricevuto il preavviso di licenziamento. L’azienda chiude e va in liquidazione dopo meno di un anno di attività. Nata per rilevare un ramo d’azienda di un’industria più grande in crisi, con un’operazione opaca, disapprovata da dipendenti e sindacato (oltre che da me, forte di 20 anni di collaborazione con quella stessa industria), s’è arrenata in poco tempo, mettendo a rischio le indennità di fine rapporto dei dipendenti, che tra l’altro non possono neppure usufruire della cassa integrazione. Il sospetto è che siano stati retribuiti in questi mesi con le loro stesse liquidazioni.
Mio fratello è sposato, sua moglie non ha un impiego fisso, svolgendo collaborazioni più o meno lunghe che le consentono di arrivare a 1000, 1200 euro quando va bene, al mese. Fortunatamente (!) ancora non hanno figli e pagano un affitto ragionevole. Dovranno stringere la cinchia e cercare di tirare avanti durante l’inevitabile battaglia legale che si preannuncia.

Invece ieri mia figlia ha perso due dei tre lavoretti tra cui si divideva. Il primo e più duraturo, da quasi due anni, come internet raters a cottimo, lo svolgeva al computer da casa per un’azienda irlandese, le rendeva qualche centinaio di euro al mese; rapporto interrotto e senza spiegazioni né preavviso. Il secondo è alla biglietteria di un museo, 80 ore mensili a tempo determinato. A settembre scadeva, ma lei sperava in un rinnovo. Pochi i soldi anche quì, ma intanto facevano mucchio. Da ottobre le rimarrà solo quello di baby-sitter, per qualche ora alla settimana. Lei non é tipo da perdersi d’animo ed ha già iniziato a cercare altri lavori, ma la situazione è quella che è. C’è poco da essere ottimisti, da tutte le parti s’era previsto un autunno drammatico per l’occupazione e puntualmente si sta concretizzando sulla pelle della gente.

L’acqua sale, c’è chi se la ritrova già alla gola, come quei colleghi di mio fratello che tra figli e mutuo già faticavano ad arrivare alla fine del mese. Per me è ancora alla vita, ma la falla mi appare insanabile e ritengo sempre più ragionevole tentare di trovare fuori d’Italia una situazione migliore.

giovedì 10 settembre 2009

La morte di Mike Bongiorno mette alle corde Berlusconi




Colpi e contraccolpi si succedono praticamente tutti i giorni in Italia con Silvio Berlusconi come protagonista stellare. Ieri è morto a Montecarlo Mike Bongiorno, il papà della televisione italiana di intrattenimento. 85 anni, aveva praticamente fondato la RAI con il suo primo programma nel 1954 e quando Berlusconi fece nascere Canale 5 negli anni ’70, Mike fu con lui. Furono insieme 30 anni, fino a che Bongiorno disse addio. Secondo lui perché lo cacciarono.

Era un amico, sono commosso. Non ho mai avuto problemi con lui, ci sono state delle incomprensioni con la dirigenza del gruppo”, ha detto il primo ministro e magnate dell’industria delle TV private, a cui somma il controllo delle due principali reti della televisione pubblica, la RAI. Però in internet si può vedere un video nel quale Mike Bongiorno, che è morto d’infarto, dice che la sua uscita dal gruppo Berlusconi “è stato un mistero”. “Nessuno mi ha dato spiegazioni e non sono riuscito a parlare con Silvio perché non mi ha più risposto al telefono, neppure quando l’ho chiamato per gli auguri di Natale”, ha assicurato.

L’Italia piange sinceramente Mike Bongiorno, che è stato parte della storia di questo paese nel mezzo secolo scorso. Mike ha presentato undici volte il famoso Festival di San Remo. Egli è stato uno degli animatori più famosi d’Europa. E con Berlusconi trasudava rancore.

Il caso Mike Bongiorno mette Berlusconi alle corde, che nega quello che è avvenuto in realtà, perché la maggior parte dei telespettatori guarda i canali RAI e Mediaset e tutti, salvo la terza rete RAI, sono sotto il ferreo controllo del sistema berlusconiano.

Ieri, parlando alla Fiera di Milano, Berlusconi ha negato che la libertà d’espressione e di stampa siano a rischio in Italia per questo avanzamento del potere sui media. “Non sono un dittatore”, ha detto. “La libertà di stampa è stata trasformata nella libertà di insultare, ma io mi sono stancato di ricevere colpi”.

Elogiandosi di nuovo senza misura, ha affermato che “qui c’è un torero che non ha paura di nessuno”. Ha ripetuto che quasi il 70% degli italiani lo appoggiano. “Sono bello e giovane, un imprenditore che come tale non ha il bisogno di rubare”, ha detto. E gli italiani gli credono “perché sanno che i cattocomunisti non verranno a capo dei loro piani”.

Berlusconi ha lanciato una vasta controffensiva dopo quattro mesi di denunce e scandali per le sue presunte avventure sessuali. Vittorio Feltri, direttore del quotidiano “Il Giornale” della famiglia Berlusconi, è colui che ha denunciato, il 28 di agosto, Dino Boffo, ora ex direttore del quotidiano cattolico “Avvenire”, dei vescovi italiani e che dirigeva anche la rete di radio cattoliche e televisione satellitare della Conferenza Episcopale, molto critica con Berlusconi.

Il nuovo obiettivo de “Il Giornale” è il presidente dei deputati: Gianfranco Fini. Feltri lo ha chiamato “compagno” e lo ha accusato di essere sempre più vicino all’opposizione di centrosinistra, nonostante Fini sia appartenuto alla neofascista Alleanza Nazionale. Chi sarà il prossimo?

[Julio Algañaraz - El Clarin - Buenos Aires 9/9/09]


lunedì 31 agosto 2009

Sudamerica: indietro non si torna!


E’ difficile spiegare i motivi profondi della conflittualità latente nei rapporti tra Argentina e Uruguay. Conflittualità che a tratti esplode in episodi eclatanti come nel caso del ponte G.ral San Martin tra le due nazioni a Fray Bentos, bloccato dal 2006 dagli argentini di Gualeguaychù, preoccupati per il possibile inquinamento delle acque del Rio Uruguay da parte della mega-cartiera Botnia (di proprietà finlandese). Controversia che ha avuto per conseguenza il deterioramento dei rapporti politici tra i due stati, culminato con il veto dell’Uruguay all’elezione dell’ex presidente argentino Nestor Kirchner alla presidenza dell’UnaSur. Questa conflittualità ha radici che affondano nel passato, perché il piccolo Uruguay, stretto tra i giganti Brasile e Argentina, ha dovuto lottare per conquistare e mantenere la sua indipendenza, cui ha contribuito anche Giuseppe Garibaldi durante la difesa di Montevideo dagli argentini nel 1842, con i 500 volontari italiani in camicia rossa.

Ovviamente anche l’Uruguay ha la sua parte di responsabilità nel contenzioso con l’Argentina. Da sempre sospettato di essere un paradiso fiscale, grazie al segreto bancario, bassa imposizione e libera circolazione dei capitali; utilizzato da esportatori argentini per triangolazioni commerciali con altri paesi, evadendo così il fisco. Una volta veniva definito addirittura la Svizzera del Sudamerica. Bisogna dire che l’attuale governo di sinistra in UY ha iniziato ad allineare il paese alle regole del MercoSur, introducendo l’IRPF, impegnandosi a rimuovere il segreto bancario ed a collaborare più fattivamente con il fisco degli altri paesi. Tuttavia tra gli uruguayani si avverte questo odio-amore per i cugini argentini, che molti percepiscono come presuntuosi e arroganti, eppure così necessari alla loro economia, basti pensare che in Argentina vivono 300.000 uruguayani residenti (la popolazione dell’Uruguay è di 3.5 milioni, di cui 600.000 emigrati all’estero). Mentre, ai miei occhi di italiano, sembra difficile incontrare nel mondo due popoli con maggiori similitudini. L’Argentina è il paese con il più alto numero di immigrati italiani, l’Uruguay è quello con la più alta percentuale di discendenti italiani al mondo. Purtroppo molti argentini considerano l’Uruguay solo un luogo di vacanze d’elite e trattano gli uruguayos con un senso di superiorità, quando proprio non di disprezzo, nel caso di rapporti con l’autorità.

Nonostante queste “piccole beghe”, l’America Latina sta conoscendo un grande periodo di riscatto civile e democratico. Liberato finalmente dal tallone USA, che dalla dottrina Monroe in poi l’hanno sempre considerato il loro giardino di casa, il Sudamerica sta rapidamente procedendo verso un’integrazione politica ed economica impensabile fino a pochi anni fa. Sotto la spinta progressista di maggioranze di sinistra e di centrosinistra, si sono affermati leader come Lula, Morales, Correa, Chavez, Vazquez, Bachelet, Ortega, Lugo e Cristina Fernandez, nei principali paesi del Sud America (una volta segretamente uniti nella famigerata Operacion Condor), che hanno spinto per un avvicinamento con Cuba e il superamento dell’embargo, smarcandosi sempre più dal giogo statunitense. Grandi progressi sono stati fatti, relativamente in pochi anni, in diversi settori e, pur essendo ancora un continente in via di sviluppo con enormi contraddizioni, l’America Latina ha tutte le potenzialità per intraprendere un percorso autonomo ed indipendente di progresso, più sensibile agli interessi dei popoli di quanto lo sia stato quello imposto dallo sfruttamento post-coloniale delle multinazionali durante gli anni delle dittature militari e dei governi della destra liberista. Se c’è una regione del mondo dove il capitalismo globalizzato è stato costretto ad arretrare un po’ dopo la crisi è proprio in Sud America, vedasi le nazionalizzazioni operate negli ultimi mesi in Argentina e ancor prima in Venezuela. E’ con grande felicità che apprendo della candidatura di un ex tupamaro e detenuto politico nei 13 anni della dittatura, alla presidenza dell’Uruguay. Una soddisfazione particolare per me, che sfilavo nei cortei degli anni settanta in Italia insieme a migliaia di altri compagni, partecipando alla lotta del popolo cileno prima e argentino di lì a poco. Gridando slogan montoneros e tupamaros ed, in seguito ancora, sandinisti. Come mi appaiono lontani e cupi quei tempi in cui l’America Latina era stretta in una morsa di violenza e terrore, raccontatami dal mio amico Marcelo, fuggito da Buenos Aires nel 1980, mentre gl’insegnavo i riff blues sulla chitarra e lui a me gli accordi di samba. Decine di migliaia di uomini e donne sono stati uccisi e centinaia di migliaia perseguitati, incarcerati e costretti all’esilio. Oggi non passa mese senza la notizia di qualche condanna per gli aguzzini d’un tempo ed è indicativo che contestualmente all’elezione del tupamaro Pepe Mujica, in Uruguay si voti anche per l’abolizione della Ley de Caducidad, sorta di amnistia per tutti i reati commessi dalla dittatura. Così come è indicativo che nessun governo latinoamericano abbia voluto sporcarsi col recente golpe in Honduras, sospendendo quel paese dagli organismi regionali. E, per ultimo, l’opposizione di tutti i paesi dell’area all’installazione di 7 basi militari USA in Colombia. Come dire: indietro non si torna!

sabato 29 agosto 2009

Morte in galera

S'avverte un clima pesante nell'Italia di questa estate torrida. Il caldo afoso, si sa, rende la vita più faticosa, c'innervosisce. Nelle carceri sovraffolate i disagi sono al limite della tortura, e la gente muore....100 dall'inizio dell'anno. 35 suicidi, tra i quali anche episodi oscuri come le morti di Aldo Bianzino, Stefano Frapporti e Manuel Eliantoni. Finire in mano ai tutori dell'ordine a volte può costare caro, come sta a dimostrare il caso di Federico Aldrovandi o la sospensione dello stato di diritto sostituito da una "macelleria messicana" durante il G8 di Genova.

Invece in sudamerica le macellerie le hanno chiuse e i macellai messi in galera. In Uruguay, ad esempio, se un poliziotto sbaglia, abusando violentemente della sua autorità, viene incarcerato in poche ore per ordine dell'autorità giudiziaria. In Italia è difficile verdere un tutore dell'ordine pagare con il carcere i propri abusi (vedasi il caso di Gabriele Sandri). D'altra parte che attendersi da uno stato i cui politici godono di un'impunità pressocchè totale, normale che anche gli armigeri siano ampiamente coperti negli eccessi repressivi e guai puntare il dito sui corpi armati dello stato democratico!


Calci e manganellate non hanno ideologia, ottengono solo lo stesso doloroso effetto, sia se elargiti a Teheran che a Genova, tuttavia dubito che pasdaran e poliziotti possano mai finire dietro le sbarre per abuso di potere e violenze personali. Mentre in una società civile, reati ed abusi commessi da chi è preposto alla loro prevenzione e repressione, andrebbero più severamente puniti.


Si respira un clima pesante tra i 63.000 detenuti, di cui la metà in attesa di giudizio, costipati in uno spazio pensato per 43.000. Un clima pesante soprattutto tra quei 23.000 stranieri, che continuano ad affluire nelle prigioni al ritmo di 1000 al mese insieme alla moltitudine di consumatori e piccoli spacciatori di droghe che costituiscono il 40% della popolazione carceraria. La legge Fini-Giovanardi sulle droghe e quella più recente che istituisce il reato di clandestinità garantiranno un cospicuo flusso di disgraziati nella fabbrica di sofferenza che è il carcere, per gli anni a venire. Ciononostante, di soldi per nuove prigioni (e relativo personale) non ve ne sono, per cui sarà bene abituarci alle morti nei carceri.

mercoledì 26 agosto 2009

Spiagge d'agosto


Una cosa che non ho mai sopportato è la riduzione dello spazio vitale, fino quasi a scomparire, nelle spiagge affollate d'estate. Il mio spazio vitale ideale è un cerchio di una dozzina di metri di diametro, sarebbe a dire che se altre persone si sistemano nel mio spazio vitale, sono costretto a sopportare le loro chiacchiere (il più delle volte banali quando non venali), musica, telefonate al cellulare, o peggio ancora partite a frisbee o pallone sulla sabbia. Già lo spettacolo che si presenta sulle spiagge di questi tempi non è proprio un bel vedere, con pance strabordanti ostentate in costumi striminziti, insieme ai tatuaggi che affrescano l'intero corpo.

Grazie all'invecchiamento della popolazione, le spiagge sono divenute ormai appannaggio degli ultra quarantenni, i giovani sono sempre meno e quei pochi magari sfacchinano anche d'estate per quattro soldi in lavori precari, mentre gli anziani pensionati possono godersi al meglio la stagione (almeno fino a quando la salute glielo consente). In compenso si possono incontrare molti che, pur non essendo più giovani, tali ancora si credono e sfoggiano corpi palestrati e abbronzati, costumi ultimo grido e auto di moda, smaniosi di essere ammirati, ma a ben guardare i loro corpi tradiscono la vera età (e il loro atteggiamento tradisce la vera dimensione cerebrale).

Sembriamo tutti un po' leoni marini raggruppati su una spiaggia per l'accoppiamento, i più anziani e grassi già accasati e pochi giovani timidi che si guardano intorno alla ricerca delle femmine senza compagno, anch'esse in attesa del tricheco di turno.

Per favore, comportiamoci un po' più da umani, rispettiamo lo spazio vitale, manteniamo un contegno più dignitoso e soprattutto non ostentiamo i nostri difetti.


sabato 22 agosto 2009

Agosto torrido sotto le tende


In questo torrido agosto apprendo che la temperatura degli oceani ha fatto segnare un record, crescendo ininterrottamente dal 1976. A luglio la temperatura media è stata di 17 gradi, l'aumento più vistoso si è registrato nell'artico, con 5,6 gradi. Tutto ciò mentre nel pacifico sta per attivarsi el niño, di sicuro ci attendono stagioni turbolente.

Per quanto mi riguarda, sono finalmente andato in Abruzzo, al paese di mia madre, per vedere i danni provocati dal terremoto. Sono passato per L'Aquila e devo dire che l'impressione è quella di trovarsi in una zona di guerra. Case lesionate ovunque, strade interrotte, ponti chiusi, tendopoli un po' da per tutto, eppoi mezzi militari, protezione civile, vigili del fuoco, polizia locale. Insomma un gran bel bordello che richiederà molto tempo per venirne a capo, nonostante i proclami del governo e la buona volontà degli abruzzesi. I lavori fervono, ma la distruzione è troppo estesa e ciascuno si chiede quando toccherà alla propria casa, giacchè di soldi la gente ne ha visti pochi, continua a vivere in tenda sotto la canicola, ma tra poco inizierà a fare freddo.
Il paese di mia madre, tra quelli abbastanza danneggiati, si trova nella provincia di Pescara. Il centro storico, a rischio di crolli, è stato completamente evaquato, ora sembra un paese fantasma, con i calcinacci che ingombrano le strade e gli uccelli che ne hanno preso possesso, riempiendole di guano. Nel silenzio irreale si sente sbattere una finestra, come nei villaggi fantasma del far west. Molti edifici sono contrassegnati con la vernice rossa, segno di pericolo. Anche la nostra povera casetta, vecchia di secoli, è stata danneggiata ed è inagibile, Forse la ripareranno, insieme alle altre. Forse, chissà quando.

lunedì 10 agosto 2009

Ciclista passa col rosso, -6 punti dalla patente



BERGAMO - Centocinquanta euro di multa e sei punti in meno sulla patente, per un'infrazione commessa in bicicletta. Vittima delle nuove norme introdotte dal decreto sicurezza, che ha inasprito le sanzioni anche per alcune infrazioni al Codice della strada, è stato ieri pomeriggio a Bergamo un imprenditore di 43 anni, che ha attraversato un incrocio passando con il rosso. E' successo intorno alle 17 in via Baioni. Il ciclista ha svoltato a destra in una strada a fondo chiuso, ma si è imbattuto in una pattuglia della polizia stradale che, applicando alla lettera le nuove norme entrate in vigore meno di 48 ore prima, ha inflitto 150 euro di multa al malcapitato, decurtandogli sei punti dalla patente. All'imprenditore, che al momento si è rifiutato di firmare il verbale, non è rimasto altro da fare che prendere atto della nuova legge e pagare la sanzione.

E' perfettamente logico che nel paese di mafia, camorra e 'ndrangheta, dell'arbitrio ed impunità dei potenti, delle leggi ad personam, degli abusi e dei condoni, ci si è finalmente accorti della grave pericolosità dei ciclisti, che potevano impunemente mettere a repentaglio la vita (loro) senza alcuna sanzione, in barba al codice della strada e delle centinaia di migliaia di tutori dell'ordine smaniosi di dimostrare il loro zelo verso i più deboli, salvo poi chiudere entrambi gli occhi quando si tratta di una delle 570.000 auto blu in giro per l'Italia.

Ciclisti d'Italia riciclatevi! Compratevi una limousine con autista in divisa e vedrete che vi sarà consentito quasi tutto, senza rischiare la pelle e i punti sulla patente.


Gli incidenti stradali che vedono coinvolte persone in bicicletta causano la morte di un ciclista al giorno in Italia. Si tratta del mezzo più a rischio di tutti.

(Politici bastardi, non capitate davanti alla mia bici, che non esiterei un istante a mettervi sotto!)

sabato 8 agosto 2009

Meritocrazia

Un giorno il padrone della fattoria assunse due giovani braccianti e dopo avergli consegnato due zappe, li mise a dissodare uno dei suoi campi. Quello dei due che era scrupoloso e diligente, si mise di buona lena a fare il lavoro che gli era stato assegnato, rimovendo a mano tutte le pietre più grandi che trovava. L'altro invece, scansafatiche e un po' gaglioffo, zappando senza attenzione ruppe dopo un po' il manico della sua zappa.
Andò dal padrone e disse che gli era capitata una zappa difettosa, che non aveva sopportato il suo ritmo di lavoro. Il padrone gli credette e, borbottando un po', destinò il bracciante alla guida del trattore, raccomandandogli di averne cura. Ma dopo un giorno il trattore si ruppe per l'imperizia del bracciante, che mal sopportava di lavorare al sole, seppure seduto sul trattore, e perdendosi tra i suoi pensieri, si distraeva dal suo lavoro. Fu così che entrò in una buca profonda e ruppe il trattore.
Arrivò il padrone e imprecando furiosamente, rimosse il bracciante dal suo incarico e lo destinò in ufficio, dove almeno non avrebbe potuto far danni.
Dalla finestra del suo nuovo posto di lavoro, una comoda poltrona dietro la scrivania con ventilatore, osservò finalmente soddifatto il suo ex-collega bracciante dissodare con impegno e perizia il campo: sembrava proprio tagliato per far quel lavoro tutta la vita.


giovedì 6 agosto 2009

L'ingranaggio

Un'inquietudine crescente negli ultimi anni ha eroso progressivamente il senso del mio lavoro ed in definitiva della mia vita. Alla base vi è la sgradevole percezione di essere come una minuscola rotella in un ingranaggio mostruoso che produce continuamente un'immane quantità di oggetti, cianfrusaglie il più delle volte superflue, che devono essere venduti e rapidamente smaltiti. Questo meccanismo, che fa affluire valanghe di beni laddove meno servono, lasciando il resto del mondo nella privazione dell'essenziale, consuma enormi risorse naturali e produce un inquinamento dell'ambiente dagli effetti catastrofici. Questo sistema, evoluzione del capitalismo industriale, vive ormai di vita propria e, al pari di un virus, si è diffuso su tutto il pianeta, sotto forma di globalizzazione e minaccia di alterarne seriamente l'equilibrio. Ciascuno di noi è parte di questo ingranaggio allorquando produce, consuma e getta via. Ognuno è complice della sperequazione della ricchezza sulla Terra, del suo saccheggio e della sua distruzione progressiva. Scienziati eminenti e personaggi illustri lanciano da anni grida d'allarme, tuttavia l'ingranaggio continua la sua opera nefasta, spinto dalla forza del denaro che tende ad autoreplicarsi, Cionondimeno ha una sua vulnerabilità intrinseca dovuta alla complessità necessaria per operare. In altre parole, la nostra economia è strettamente interconnessa e sempre più dipendente dal buon funzionamento di tutti gli apparati del sistema, al pari di un computer, che pur se costituito da milioni di transistors integrati, cessa di funzionare anche per il guasto di uno solo. Il meccanismo non è perfetto e può incepparsi, come stiamo assistendo in questi mesi. Forse può addirittura sfasciarsi del tutto.

mercoledì 5 agosto 2009

Buona notte e buona fortuna

Uno spettro s'aggira tra i consumatori e cittadini dei paesi sviluppati del cosidetto primo mondo, il fantasma della fine dell'opulenza a scapito altrui, della crescita infinita con risorse limitate e del consumo irresponsabile ai danni dell'ambiente.
Malgrado ciascuno auspichi una ripresa del ciclo economico di espansione dei consumi, questo non basta ad esorcizare il timore che si sia oltrepassato il limite oltre cui il maggior consumo, spacciato per benessere, genera frustrazione e insoddisfazione crescenti. Sempre più gente comincia a chiedersi se il prezzo da pagare per tale benessere non sia divenuto troppo alto.
Un crescente numero di persone va convincendosi che l'umanità stia correndo verso il baratro sempre più velocemente, e da qualunque punto di vista si guardi, motivi di preoccupazione non mancano certo, a partire da uno stato di guerra globale che accende sempre più focolai in giro per il mondo, che vede l'Italia impegnata come non mai militarmente dalla fine della seconda guerra mondiale, in 35 missioni di "pace", destinando agli armamenti 41 miliardi di dollari l'anno (ottavi nella graduatoria mondiale - fonte: Rapporto Sipri 2009).

Passando poi allo stato di salute del pianeta, è ormai certo che l'effetto serra ha portato allo scioglimento del polo nord e di molti ghiacciai. E' doloroso constatare che in Italia è stato fatto scempio di un patrimonio incommensurabile di bellezza, per sostituirlo con cemento, asfalto e mattoni. Abbiamo inquinato l'acqua dei fiumi e del mare, intasato le nostre città di automobili e appestato il terreno con industrie e discariche. Appena una generazione fa ci fù consegnato un luogo quasi incontaminato, cosa lasceremo alla generazione successiva? Solo negli ultimi 15 anni 3 milioni di ettari sono stati sottratti alla natura per metterci sopra cemento e asfalto, quanto Emilia e Umbria messe insieme, praticamente 250 campi di calcio al giorno.




Infine la gente. Molti cittadini si sentono sempre più alieni in quest'Italia che s'azzuffa da 15 anni per Berlusconi, mentre lui diventa sempre più ricco e potente. Si lasciano incancrenire i problemi e ciascuno pensa solo al proprio tornaconto, a qualunque livello si trovi ad operare. Certo, ci sono anche le persone rette ed oneste, ma sono sempre meno, perchè alla fine ciò che conta in questa realtà sono i soldi che si hanno. E allora sotto a farne più possibile, con ogni sistema, per poi spenderli nei beni più voluttuari, status symbol da esibire agli altri.
L'Italia è diventata (o è stata fatta diventare) un paese intollerante e xenofobo, pur essendo stato patria d'emigranti in tutto il mondo, lesta a sfruttare la mano d'opera a basso costo messa a disposizione dall'immigrazione. Tutti lamentano un impoverimento e molti indicatori confermano la perdita di potere d'acquisto, tuttavia la ricchezza esibita è davvero esorbitante, basta farsi un giro in qualcuno delle centinaia di porticcioli turistici sparsi per il Belpaese (ma è ancora così bello?). Mafia, camorra e 'ndrangheta continuano a fare soldi a palate e pare che li investano sempre più spesso in attività lecite al nord ed in europa.
Diverse conquiste civili sono rimesse in discussione ed in generale gli ambiti di libertà vanno sempre più riducendosi, mentre al contrario aumentano i sistemi di controllo. Già disponendo di un apparato di polizia considerevole (PS, Carabinieri, GdF, Polizia Locale), che non riesce ad estirpare le mafie, plaudiamo all'impiego di soldati e ronde nelle strade, neanche fossimo nel sudamerica degli anni 70! Sembra che gli italiani siano ossessionati dalla sicurezza, tuttavia il numero di omicidi che avvengono è estremamente basso, paragonato con molte altre nazioni. Tolleriamo invece di buon grado che un'intero paese di 7-8000 persone scompaia ogni anno a causa degli incidenti stradali, in cui altri 50.000 subiscono invalidità permanenti, questi sì veri fattori di rischio della propria sicurezza. Tolleriamo i 1000 morti e 10.000 invalidi l'anno per incidenti sul lavoro causati dal mancato rispetto delle regole ed anzi riduciamo controlli e sanzioni.
Regole che ormai nessuno sembra voler più rispettare, in una corruzione diffusa e impunità sfacciata. Decadenza da basso impero, dove il cattivo esempio arriva prepotentemente dall'alto e pare premiare chi quelle regole non le ha mai rispettate o le ha aggirate (vedi alle voci condoni, prescrizioni e depenalizzazioni).
Potrei continuare così per molte altre pagine, ma siccome a parlarne mi piglia male, ci do un taglio, che per oggi mi sembra sufficente. Buona notte e buona fortuna.

martedì 4 agosto 2009

Ecologia di facciata


Avendo rinunciato all'auto, mi stavo interessando all'acquisto di un mezzo elettrico ed economico. Ho scoperto che esitono scooters, monopattini e bici elettrici, ma il bello è che con la maggior parte di questi veicoli non si può circolare sulle strade pubbliche. In pratica esistono delle norme che consentono la circolazione di mezzi a propulsione elettrica non omologati, solo se trattasi di bici con pedalata assistita, senza manopola dell'accelleratore e con il motore che interviene a 5 Km/h e si spegne automaticamente a 25 Km/h. Pochissime ditte le costruiscono ed il loro prezzo si aggira sui 400 euro. Mentre per poco più di 100 euro è possibile acquistare uno scooter elettrico con 22 Km di autonomia e 28 km/h di velocità massima, come quello che vedete in fotografia, ma che non può circolare sulle strade. L'alternativa sono alcuni scooter omologati a prezzi esorbitanti, con tanto di bollo, casco e assicurazione RC obbligatori. Mi sembra davvero un ottimo incentivo per abbandonare il motore a scoppio!

D'altra parte non bisogna dimenticare che dalla spremitura degli automobilisti deriva una bella fetta di gettito pubblico e se per assurdo tutti rinunciassero all'auto in favore della bicicletta, questa si ritroverebbe immediatamente gravata di omologazioni, concessioni, accise, gabelle e quant'altro serve allo Stato per continuare a spremere i suoi sudditi.

lunedì 3 agosto 2009

Scappo



Terminati i lavori di tinteggiatura e pulizia, riprendo a postare per segnalarvi il sito www.scappo.it che ho scoperto di recente: un blog collettivo, molto ben fatto, in cui si riflettono i desideri di fuga dall'Italia.

Anch'io faccio parte della schiera di quelli che lascerebbero questo paese in cerca di luoghi e, soprattutto, gente migliore. Anzi, si può dire che ho già iniziato questo viaggio che mi porterà ad emigrare più o meno a lungo in un altro paese.

L'ho cominciato circa un anno fa, pianificando un primo viaggio esplorativo in Uruguay per l'inizio di quest'anno. E così è andata, a gennaio sono partito alla volta di Buenos Aires e poi Montevideo. La prima volta che andavo in sudamerica. La prima volta che saltavo l'inverno. Da solo, senza contatti, praticamente alla scoperta di quel posto totalmente nuovo eppure così familiare.

Di cose da raccontare ce ne sarebbero molte e lo farò in post successivi, quello che invece voglio riferire oggi è una frase che mi ha colpito particolarmente, postata sul blog di scappo.it da una ragazza, come ragione del suo desiderio di fuga: "Voglio scappare perchè preferisco amare l’Italia da lontano che odiarla da vicino".