sabato 24 ottobre 2009

Uruguay, legge in omaggio per Berlusconi

"C'è un paese, piccolo e lontano, in cui la sinistra anziché rinnegare le sue radici e dividersi le rivendica e si unisce (non solo ma, miracolo, riesce a stare insieme). C'è un paese, piccolo e lontano, in cui - un caso forse unico al mondo -, il probabile prossimo presidente della repubblica dice che anziché alzare muri e respingere clandestini aprirà le porte agli immigrati e a chi voglia venirci a vivere e lavorare." [Il Manifesto]

di Eduardo Galeano
Manca molto poco al momento in cui il popolo uruguayano eleggerà il nuovo governo. Nello stesso tempo, nelle stesse urne, si sottoporrà a referendum la possibilità di liberarci di due bastoni messi nelle ruote della democrazia. Uno è quello che impedisce il voto per posta agli uruguayani che vivono all'estero. La legge elettorale, cieca di una cecità burocratica, confonde l'identità col domicilio. Dimmi dove vivi e ti dirò chi sei. Gli uruguayani della patria pellegrina, in maggioranza giovani, non hanno diritto di voto se non possono pagarsi il viaggio. Il nostro paese, un paese di vecchi, non solo ha castigato i giovani, per anni, negando loro il lavoro e obbligandoli all'esilio, ma per di più continua a negar loro l'esercizio del più elementare dei diritti democratici. Nessuno se ne va perché vuole. Quelli che se ne sono andati sono dei traditori? E' traditore un uruguayano su cinque? Traditore o tradito?
Speriamo che noi uruguayani la facciamo finita una volta per tutte con questa discriminazione che ci mutila.
E speriamo di farla finita anche con un'altra discriminazione ancora peggiore, la legge d'impunità, la Legge di caducità della pretesa punitiva dello Stato, battezzata con quel nome rocambolesco dagli specialisti nell'arte di non chiamare le cose con il loro nome.
La Corte suprema di giustizia ha appena sentenziato che quella legge viola la costituzione. Da molto tempo prima si sapeva che viola anche la nostra dignità nazionale e la nostra vocazione democratica. E' una triste eredità della dittatura militare, che ci ha condannato a pagare i suoi debiti e a dimenticare i suoi crimini.
Tuttavia, vent'anni fa, questa legge infame fu confermata da un referendum popolare. Alcuni di noi che proposero quel referendum, sono di nuovo qui a riproporla oggi, e con molto orgoglio: allora perdemmo, per pochissimo però perdemmo, ma non ce ne siamo pentiti. Crediamo che quella nostra sconfitta fu dovuta in grande misura alla paura, un bombardamento pubblicitario che identificava la giustizia con la vendetta e annunciava l'apocalisse, la lunga ombra della dittatura che non voleva andarsene; e crediamo che il nostro paese abbia dimostrato, in questi primi anni di governo del Frente Amplio, che ormai non è più quel paese paralizzato dalla paura.
E' questo che crediamo e spero di non sbagliarmi.
Speriamo che domenica trionfi il senso comune. Il senso comune ci dice che l'impunità stimola il delinquente. Il colpo di stato in Honduras non fa che confermarlo. Chi si può sorprendere se i militari honduregni hanno fatto quello che hanno sempre fatto da molti anni, con l'addestramento del Pentagono e il placet della Casa bianca?
La lotta contro l'impunità, l'impunità dei poteri forti e dei poterucoli, sta prendendo forza nei quattro punti cardinali del mondo. Speriamo anche noi di poter dare il nostro contributo a smascherare i difensori dell'impunità, che ipocritamente alzano il loro grido al cielo di fronte all'insicurezza pubblica per quanto sappiano bene che i ladri di polli e i bulli di quartiere sono buoni alunni dei banchieri e dei generali ricompensati per le loro gesta criminali.
Speriamo che domenica prossima sia confermata la nostra fede in una democrazia senza mostrine, né le mostrine dell'uniforme militare né le mostrine del denaro.
Speriamo di poter incartare questa legge in un bel cellofan, metterla dentro un pacchetto ben confezionato, con tanto di fiocco, e mandarla in regalo a Silvio Berlusconi. Questo gran mago dell'impunità universale, che è passato per più di sessanta processi e non sa cosa sia il carcere neanche di sfuggita, apprezzerà l'omaggio e certamente saprà trovarla di qualche utilità.
Speriamo.
L'unica cosa sicura è che, succeda quel che succeda, la storia continuerà, e continuerà l'incessante lotta fra la libertà e la paura.
Io sono solito invocare una parola magica, una parola che apre le porte, che è, forse, la più universale di tutte. E' la parola abracadabra, che in ebreo antico significa: Manda il tuo fuoco, fino alla fine. A mo' di omaggio a tutti i fuochi camminanti, che vanno aprendo porte lungo le strade del mondo, la ripeto adesso: camminanti della giustizia, portatori del fuoco sacro, abracadabra compañeros!

* Discorso pronunciato all'Obelisco di Montevideo, la notte del 20 ottobre scorso, per la chiusura della campagna contro la legge d'impunità

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