lunedì 29 giugno 2009

Benessere

La fame vera, per fortuna, non l'ho mai conosciuta, pur facendo parte della generazione del dopoguerra, sono nato alla fine degli anni cinquanta ed ero troppo piccolo per ricordarmi gli stenti patiti dai più negli anni della ricostruzione postbellica, in cui mancava il necessario per vivere. I miei primi ricordi sono più legati agli anni sessanta e al boom economico. La Lambretta di mio padre non me la ricordo proprio, mentre ricordo bene la sua prima Cinquecento, col tetto completamente apribile e gli sportelli alla rovescia. I termosifoni che venivano installati nei palazzi, il frigorifero, la lavatrice e lo scaldabagno. E infine la televisione. Il necessario cominciavamo ad averlo più o meno tutti, mentre il superfluo era ancora privilegio di pochi. I soldi erano ancora scarsi negli anni settanta e la mia adolescenza la ricordo particolarmente squattrinata, ma eravamo quasi tutti così e la vita sembrava promettere un continuo miglioramento. E in effetti così è stato, a partire dagli anni ottanta i soldi sono girati a vagoni. La corsa all'arrichimento collettivo è partita praticamente senza regole e limiti: droga, estorsione, ricettazione, usura, prostituzione, abusivismo, corruzione sono dilagati per il Belpaese, con l'apice delle mele marcie siciliane, campane, calabresi e pugliesi. Con il debito pubblico in crescita insostenibile, l'economia delle bustarelle è terminata all'inizio degli anni novanta, dopo un'abbuffata di superfluo. Siamo passati quasi senza rendercene conto dalla spesa allo shopping compulsivo, dalla bottega alla mall, dalle ferie alle vacanze di massa, dalle biciclette all'automobile di massa, alla società dei consumi, teledipendente e teleguidata. All'inizio degli anni novanta c'è stata una prima battuta d'arresto, crisi e svalutazione hanno inceppato il meccanismo, almeno in Italia. In un sussulto morale ci si è illusi di potersi liberare della vecchia classe dirigente che aveva dato vita al fenomeno chiamato Tangentopoli. Ma quando l'economia ha ripreso a tirare, l'abbuffata di consumismo è ripresa alla grande, così pure il malaffare. Il denaro è divenuto anzi un feticcio magico in grado di replicarsi senza lavoro, con investimenti in strumenti finanziari tanto sofisticati quanto criptici. Anche la Cina aveva dato nel frattempo l'avvio alla sua corsa all'arricchimento collettivo ed in pochi anni si è trasformata nella fabbrica del mondo, mentre altrove le fabbriche chiudevano. Ciononostante il denaro continuava ad aumentare, i ricchi ad essere sempre più ricchi, i poveri sempre poveri, ma con il cellulare e la TV.
E siamo arrivati così alla crisi dei giorni nostri, al governo che invita a spendere ed acquistare per esorcizzarla, fiducioso che la macchina possa riprendere a correre come prima e noi continuare a consumare ancor più di prima. Tuttavia in pochi credono ancora che il futuro possa essere di continua
crescita del benessere e dei consumi.

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